domenica 18 settembre 2011

Lekkerland

Una delle infinite, innumerevoli cose che adoro della Germania è la quantità industriale di cioccolata che trovi in qualsiasi negozio e le dosi abbondanti dei dolci. Per non parlare dei prezzi stracciati a cui la vendono. Fosse per me farei incetta, visto che di cioccolata vivo. Non di solo pane vive l'uomo, ma con una bella spalmata abbondante di Nutella il pane va giù che è una meraviglia. Quando mi aggiro per il Viktualienmarkt e vedo tutte quelle belle vetrine di forni con i loro panozzi e il reparto dolci accanto, li saccheggerei per direttissima. In Italia i dolci sono piccoli e costano un occhio della testa, devi farteli durare, i cioccolatini devi succhiarli a poco a poco come i lecca-lecca, se no manco li senti. In terra tetesca se gli chiedi una fetta di torta te ne danno quasi mezza per 80 cent. E come ti si risolleva lo spirito, come cantano le papille gustative non appena addenti sti blocchi di tufo dolciario. Che poi non so come facciano a farle così buone. Sarà l'acqua, sarà una farina magica, saranno le loro mani amorevoli non lo so, fatto sta che i dolci in Germania riempiono stomaco e spirito. Ricordo l'atmosfera dei mercatini di Natale in Marienplatz, con l'aria impregnata di cannella, zenzero e altre spezie non ben definite. I vecchietti che parlando in bavarese stretto vuotavano le tazze di Glüwein, l'odore dei Bratwürst al baracchino d'angolo. Non sentivo manco più il freddo dall'emozione di essere li, guardare le casette di ogni stand, annusare la frutta secca (che poi si appende pure no?), gli schiaccianoci, i merletti rigidi da mettere come centrotavola, le corone d'avvento con sti quattro enormi ceri rossi, le frittelle alla cannella di Norimberga. Oddio non sarei più tornato (vabbè che da Monaco io non tornerei mai, però....), in barba alla temperatura polare, ai piedi ghiacciati e le orecchie che si sfaldavano. E poi i Würst che io mangerei a quantità industriale. Quelli bianchi tipicissimi di Monaco, i classici Bratwürst, i Currywürst, le salsiccette verdi speziate di Norimberga, quelli della Turingia con il budello duro. Mi sto facendo fame da solo... E in assoluto lei, la pietanza di cui mangerei terrine intere, la Kartoffelnsalat. Stravedo per sto modo un po' acetoso di fare le patate (anche se a me le patate piacciono in tutte le salse), lievemente piccante e acidulo ma buonissimo. A Berlino alla sera c'era il buffet e io non mancavo di farmi il tris di Kartoffelnsalat. Finchè potevo magnarmene quanta volevo, pronti con le dosi da caserma. E non possono mancare le zuppette ultradeutsch, come quella di cetriolo, di cavolfiore, di funghi. Mi piacciono tutte, anche quel particolare brodo all'erba cipollina a cui va aggiunto il gnocco di semolino. Qualunque cosa i deutscher mi propinino io lo mando giù. Tanto è tutto buono. Quando sono in Germania stranamente non sento la mancanza di pasta, riso e affini. No no, mi adatto stupendamente agli usi dei barbari. Ingollo il cavolo rosso stufato, le rape rosso fine fine fine, il polpettone di pane raffermo lasciato in ammollo nel latte. Nessun problema. E ancora dosi gigantesche di Strudel a non finire. Innaffiato non dalla birra (ahimè la birra non mi piace), ma da un bicchierozzo di Apfelwein o Apfelsaft. Mi ubriaco di tutte e due, anche se la seconda è analcolica. Prima di tornare in Italia deruberei i supermercati così nei momenti di nostalgia mi preparerei un pranzetto alla tedesca e via. Invece no. Quando sale la nostalgia mi guardo le foto e sospiro. Lo so, sono messo male. Quest'anno mentre con il bus andavamo da un angolo di Monaco all'altro guardavo i portoni delle case e pensavo "quale sarà il portone di casa mia?". Certi amori non si controllano! Eppure gli italiani non sono tutti così elastici in fatto di cibo. I vecchietti scleravano perchè non c'era la pasta alla sera e perchè a colazione il caffè era annacquato. In compenso saccheggiavano il cesto delle brioche e delle marmellate. Anche mio cugino, di ritorno da Monaco in gita scolastica, mi aveva detto che, per carità, la città era bella, ma si mangiava male. Tsè, incolto!

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