lunedì 30 luglio 2012

FdM & Quiz

Dopo gli aggiornamenti in ambito immobiliare parliamo degli sviluppi in ambito lavorativo. Tentato ambito lavorativo diciamo così. Visto che qua la disoccupazione si protrae in maniera esasperante. Almeno non ho passato tutti i giorni a rigirarmi i pollici. Oltre ai München Reportage e altri minijobs fai da te con cui occupo le mie giornate, due mattine le ho passate a sudare freddo sostenendo ben due, e sottolineo due, colloqui di lavoro. Praticamente uno al mese. Incoraggiante.


Il primo sarebbe stato un lavoro per cui avrei dato anche un rene: sorvegliante in un noto castello. Cioè ditemi dove devo firmare, quando comincio e a posto. Fosse stato così facile: prima ci stava il colloquio. Mi tremavano le gambe, mi formicolavano le punta delle dita e anziché il cuore mi pulsava lo stomaco. Mi hanno fatto accomodare in un corridoietto angusto e non vi dico i piedi come tamburellavano sulle assi di legno. Mi chiamano, mi presentano tre omoni dall’aria cordiale, ma cazzuta e mi fanno sedere a un tavolo. Mi sentivo di nuovo all’orale della maturità, attorniato da professori pronti a sgamarti alla minima esitazione o imprecisione. Io però non ero del tutto impreparato. Avevo passato tutto il giorno prima a prepararmi il copione, a limare le frasi, a cercare i casi e i verbi giusti sul vocabolario, a prendere scioltezza con certe frasi complesse (insomma ero tornato indietro alle ore di conversazioni al liceo, a quei 15 minuti canonici di esposizione a pappagallo del tal monumento davanti a tutta la classe). Ok improvvisare, ma anche un filo di preparazione previa per far impressione. Cominciano a mitragliarmi di domande. Stranamente capisco tutto e rispondo fluente (ma dove cavolo si era nascosto fino ad ora sto tedesco????), mi stampo un sorriso ebete e sorrido a ogni virgola, a ogni punto e a capo. Poi arrivano le domande comico-serie:


"Ha debiti?" No.

"È iscritto a partiti neonazi?" No.

"Ha reati pendenti contro di lei?" NO!!

"Ha mai lavorato per la Stasi?" Ehm no, sono nato l’anno prima della caduta del muro…

"Gode di solida liquidità?" Si. "Ah ecco, vorremmo assicurarci che in caso di necessità lei non rubi dalla cassa." Anche se fosse certo non ve lo vengo a dire! Pirla tutti e tre…


Poi incalzano con la parte tecnica: questi sarebbero i suoi compiti bla bla bla. Ok no problem. E ora un piccolo test per lei. Che????? Mi traduca in inglese queste indicazioni. o_O Inglese?? Che cos’è l’inglese? Ma non si stava parlando in tedesco?? Crisi. Sono andato in panico. Il mio cervello è andato in pausa cesso e ha impostato la segreteria telefonica, in tedesco. In testa grilli impazziti frinivano a tutto spiano. Scena muta: altra scena topica delle reminescenze da liceo. Come mandare a prostitute un intero colloquio con stile. Data l’impasse e il respiro da iperventilazione i signori mi han invitato a tradurre in italiano. Ah si, l’italiano. Forse quello me lo ricordo. Biascico un paio di frasi nella lingua madre (che a posteriori potevo anche elencare le verdure per la cena che tanto che ne sapevano quelli di italiano???) e poco a poco comincio a ricordare vagamente left and right, turn to, and then… Rutti involontari in lingua albionica. Nel frattempo la parte sana del mio cervello si stava già scavando la buca in cui nascondersi data la colossale figura di escremento fatta. Ancora cinque minuti di formalità e poi arrivederci. Non credo di essermi mai dato del cretino così tante volte al secondo come in quell’occasione.



Il secondo colloquio l’ho sostenuto schiacciato tra una pianta e la parete, puntellandomi coi gomiti su di un tavolinetto tondo. Cercando di restare in equilibrio precario tra la granugola di domande che mi piovevano addosso e il fuoco di sbarramento delle mie risposte nelle retrovie.


"Tra maggio e giugno dov’è stato lei? Perché non ha fatti colloqui in questo arco di tempo?" Ehm ero a casa, in Italia. Sa, presentare le carte del tirocinio, visite oculistiche di routine in ospedale…


"Cosa fa qua a Monaco?" Secondo te? Raccolgo banane per strade! Cerco lavoro, cosa vuoi che faccia qua!!


"Il suo tedesco è molto buono, ma non raffinato. Da quanto tempo è qua?" Più o meno 8 mesi. Grugnito passivo-aggressivo di presa visione. "Dovrebbe praticarlo un po’ di più sa, farsi amici, cercare di parlarlo tutto il giorno. Perfezionarlo." Eh certo, come se raccattare amicizie teutoniche fosse facile. Mi metto all’angolo della strada e invito il primo che passa a berci uno Spritz.


Al che io cominciavo a scocciarmi e volevo dirle che se non era interessata tanto valeva me lo dicesse e ci risparmiassimo la pantomima, quando comincia a scarabocchiarmi il curriculum.


"No così non va, qui non si capisce, accorciamo che non interessa a nessuno. Le consiglio di riscriverlo."


Non sapevo se sentirmi stupido, ingenuo o offeso. Credo un misto di tutti e tre. Tanto ormai era chiaro che il lavoro non me lo avrebbe dato neanche sotto tortura e che eravamo entrambi li solo per uno stupido pro forma. Passano altri dieci minuti e finalmente si decide a dare un taglio alla farsa dicendo che se fosse venuto buono un posto adatto a me si sarebbe fatta viva. Si, come no. Ciao bella grazie a te.



Dopo questa batosta avevo bisogno di respirare aria, di ossigenare il cervello, di andare in un posto in cui riflettere e trovare la pace dei sensi. E qui inserisco un quiz per voi lettori. Dove sono andato a cercare pace?! Essendo la risposta, credo, alquanto facile, ve la incasino chiedendovi in aggiunta, in quale punto esatto del luogo misterioso sono andato a decomprimermi il cervello??! Il lettore che indovinerà entrambe le risposte vincerà qualcosa di speciale. Curiosi? Non vi resta che partecipare!!


giovedì 26 luglio 2012

Praticità vs Estetica

Avvertenza: questo è un post vagamente acidulo, per non dire dissacratorio. Assicuratevi che i vostri livelli di insulina reggano al contraccolpo. Non vorrei avere nessuno sulla coscienza.

Assioma: la Germania è la terra della praticità, l’Italia dell’estetica.

I tedeschi sono gente pratica, non badano all’estetica, alla forma. Se mai in un secondo tempo, prima però la praticità, la funzionalità. Noi invece prima vogliamo che la roba sia bella, poi se ha qualche difettuccio o, peggio, è una baracca, ci consoliamo dicendo che è bella e morta lì. Il teutonico invece polemizzerebbe peggio che a una tribuna politica: bello o no deve funzionare. Altrimenti so’ cazzi. E questa mentalità ha applicazioni sistematiche in tutti i campi del vivere civile. Le ciabattine da spiaggia sono orribili? Si. Però pratiche. Alcuni casermoni in vetro e acciaio sono osceni? Indubbiamente. Ma pratici. Certi vestitini sono inguardabili? Assolutamente. Tuttavia pratici. Noi invece preferiamo soffrire. Anche se soffriamo per un valore più alto: la bellezza. Croce e delizia dell’italico popolo. Toglietecela e ci avrete già ferito a morte. Anche se fanno 40 gradi noi dobbiamo uscire di casa vestiti in una certa maniera perché se no non siam contenti. Che un po’ ci tiriamo per noi stessi e un po’ anche per essere ammirati, via!

Vogliamo fare esempi pratici (aridaje)? Parliamo di libri. Qua i tascabili vanno per la maggiore. Piccoli, cartacei, che si infilano in qualsiasi borsa, trasportabili, a portata. E tutti comprano. Tutti leggono. A prezzi modici e contenuti. Le copertine forse non sono ammiccanti come le nostre, ma quello che conta è il contenuto, la storia. I cugini bavari non stanno li ad argomentare se è bello o brutto. È interessante? Apri il portafogli e tanti saluti. Da noi i libri sono grossi, cartonati, per niente maneggevoli e le edizioni tascabili ci fanno un po’ storcere il naso. Meglio pagare qualcosina in più, ma avere l’edizione rilegata con la sovracopertina plastificata dal titolo in oro. Sullo scaffale fa più impressione. Ancora meglio poi se è l’edizione extralarge, da l’idea che siamo gente impegnata che legge tomi da 800 pagine. Perché ci teniamo alla cultura, noi.

Qui i tram, le metro e gli autobus magari non saranno un prodigio dell’estetica, ma di posti, a sedere e in piedi, ce ne sono finché si è stufi. Raramente qualcuno qua resta giù perché non riesce a entrare anche pigiando o spingendo come durante una partita di rugby. Nel mio angolo di mondo natio invece hanno soppresso i cari vecchi autobus arancioni. La motivazione ufficiale: inquinavano troppo. Ok, falli mettere a norma e pari patta. No. Hanno introdotto i nuovi bus a metano che sono lenti da morire, posto ce n’è meno di prima, due fermate e il bus già implode. E tralasciamo le enormi somme spese per introdurre queste meraviglie della scienza e della tecnica. In compenso sono esteticamente gradevoli. Io trovavo belli anche i vecchi bus arancioni. Erano spaziosi e maneggevoli anche se privi di aria condizionata. Eh bhe, mica si può avere tutto dalla vita.

Ed ora un esempio spinoso. Un esempio sociale. Uno studio antropologico. I tedeschi sono pratici anche in campo matrimoniale. Da quello che ho potuto osservare qui non si acquista niente a scatola chiusa, nemmeno il compagno di tutta una vita. Prima di sposarsi qua vanno a convivere. Magari ci scappa pure il figlio. Insomma prima di mettersi l’abito bianco e il frack qui si usa fare un giro di prova sulla giostra matrimoniale. Un anno. Due anni. Anche tre o quindici. Prima ci si rende conto che si, lei/lui sono persone cazzute con cui si possono superare tutte le avversità di questo mondo e di quell'altro. Quindi ci si sposa. Si segue tutto il protocollo del perfetto matrimonio alla William&Kate, ma almeno si è sicuri di aver fatto un investimento sicuro a lunga scadenza. Da noi il contrario. Per quanto ci professiamo “moderni”, aperti e tolleranti la convivenza è ancora vista come una scappatoia. Una sorta di matrimonio ufficioso con un'uscita di sicurezza da cui infilarsela quando il gioco si fa duro. Ci puzza un po’ dai. Ci sa da gente che non vuole impegnarsi, di bamboccioni che non sono ancora pronti a mettere lacrime e sudore in un progetto di vita finché morte non ci separi. D’altronde non è mica come una volta che dall’oggi al domani si passava da fidanzati a maritati e tempo due ore dal rinfresco ti rendevi conto che la tua principessa in realtà beve come una figlia della steppa. Al giorno d’oggi si va in vacanza insieme, si trascorre qualche romantico week-end in una spa, ci si conosce intimamente mooooooolto più intimamente che mai. Qualche anteprima si ha. Per lo meno si sa che lei non è frigida e lui impotente. Bon. Tanto basta. Sposiamoci. Il resto verrà da sé. Ecco allora la pompa magna, l’organo, le bomboniere, i completini alla Barbie e Ken e tutti che brindano al funerale dei tuoi giorni da scapolo. Finalmente anche tu hai messo la testa a posto. Ti sei sistemato.  Un anno dopo il miele si è trasformato in fiele e ogni volta che si entra dalla porta di casa si saluta il secondino all’ingresso. Però la cerimonia è stata così bella. Le foto poi. Sublimi.

lunedì 23 luglio 2012

München Reportage - Schloß Blutenburg

Che uno dopo tot mesi di residenza in una città crede di conoscerla abbastanza bene. Non benissimo come chi ci sta da anni, ma insomma, le robe basilari si. E invece col picchio. Tu credevi di aver capito tutto di Monaco, o quasi, ed ecco che la città ti sorprende di nuovo. Si perchè oltre alla Residenz e Nymphenburg la città ne vanta un altro di castello. Un terzo. Schloß Blutenburg. Nella fattispecie questo:



Che per giunta fa ancora parte della cintura urbana. Ma procediamo con ordine. Prima di poter arrivare al castello bisogna lasciarsi la civiltà alle spalle imboccando uno dei sentieri nascosti tra le case del quartiere di Pasing:



Addentrandosi dal nulla in un bosco completo di parco giochi...

...di piccoli laghi su cui si affacciano eleganti palazzi di inizio secolo...



...e persino da un "fiume", il Wurm, che nasce dal lago di Starnberg:



Procedendo lungo il sentiero vediamo il paesaggio cambiare a ogni svolta. Ora un tocco d'Inghilterra con la brughiera...



...ora un pizzico di Alpi bavaresi con i tipici boschi ombrosi:



Siamo quasi arrivati al castello. Pian piano lo vediamo comparire dietro gli alberi ed eccolo qua, Schloß Blutenburg, che si specchia in un piccolo lago/fossato creato da una deviazione del Wurm:







Davanti al castello si apre un magnifico prato con tanto di sentieri e piste ciclabili su cui è possibile fare pic nic, prendere il sole e cazzeggiare in libertà. Da qui parte anche una passeggiata panoramica di soli (!) 6km che collega Blutenburg con Nymphenburg (io non l'ho ancora fatta, ma voi volenterosi non esitate a farlo).









Ora dedichiamoci al castello vero e proprio. Leggendo il cartello informativo:



scopriamo che il castello era nato come rifugio d'amore per uno dei Duchi di Baviera, Alberto, e la sua amante Agnes. Dopo la tragica morte dell'amata nel Danubio Alberto non torna a più a Blutenburg, che viene usato dai suoi successori come casino di caccia e maneggio. Il castello però con il passare del tempo va in rovina, finchè dopo la Seconda Guerra Mondiale non viene restaurato e riaperto come Biblioteca Internazionale della Gioventù. Il complesso è una vera chicca e non manca di niente. Una bella entrata medievale (lato A e B)...





...una piccola chiesetta in cui è ancora possibile sposarsi (lato A e B)...





...e ovviamente l'ex-palazzotto, alias nido d'amore, dove Alberto e Agnes ci davano dentro:



Nel cortile c'è anche un piccolo ristorante molto carino con terrazza sul lago. Se è tempo di riempire lo stomaco fermatevi li a mangiare prendendo il sole! Oppure godetevi il panino portato da casa all'ombra del tiglio secolare piantato nel bel mezzo del cortile:



E a proposito di alberi. Il prato antistante il castello è pieno zeppo di alberi bellissimi sotto cui poter leggere. Ditemi voi se non sono splendidi:







Ritornando sui nostri passi vediamo scomparire il castello dietro le fronde degli alberi:



Rasserenati però dal bellissimo paesaggio che si apre davanti a noi prima di ritornare nella civiltà:







Info per i signori viaggiatori: Schloß Blutenburg è raggiugibile con qualsiasi S-Bahn fino alla fermata Pasing. Da li basta seguire le indicazioni per lo Schloß Blutenburg Weg. Altrimenti potete fare la passeggiata panoramica che parte da Nymphenburg. As you wish!

giovedì 19 luglio 2012

Aneddoti da praticanti

Desidero ringraziare in anticipo Jane Pancrazia Cole per avermi dato l’idea di questo post grazie a un suo commento. E anche della stupenda trovata degli pseudonimi marcati in grassetto. Grazie Pancrazia!!!

Sulla scia del post precedente oggi parliamo di orrori. Di supremi orrori. Di quegli orrori che mentre li vivi ti fan scuotere il capo sconsolato e ti fan venire il groppo in gola, ma che quando li ricordi ti fan ridere come una iena pakistana. E ti chiedi come hai fatto a resistere e a non scappare via urlando. Oggi parliamo di quei supremi orrori che gli sfortunati praticanti italiani a Monaco devono sopportare in virtù dell’esperienza offertagli, dell’onore che gli si fa aprendogli le porte di qualche ufficio teutonico.

Forse a suo tempo non vi ho detto che noi praticanti (ex-praticanti ormai) costituivamo un discreto gruppetto di giovani di belle speranze che, oltre alla nostalgia per lo Spritz, condividevamo anche pro e contro dei nostri alloggi di fortuna. Dopo aver conosciuto LaBruna (ovvero l’altra collega praticante del P. Leonardo all’Ufficio Turistico) per i motivi che sapete, tramite voci di corridoio e sussurri da pausa caffè abbiamo scoperto che disseminati per i piani dell’Ufficio Turistico si annidavano altri connazionali. Ed è stata subito voglia di fare festa. Così abbiamo arruolato nelle nostre fila LaRiccia, IlBiondo e la Bolzanina.

Ricordo una sera di febbraio post lavoro in cui stanchi di masticare il tedesco abbiamo deciso di lasciar correre a briglia sciolta l’italianità che è in noi e scadere negli stereotipi più beceri di cui il nostro popolo è campione. Ecco allora che ci siamo sfondati di pessimo Spritz annacquato e allungato con la gassosa, ci siamo sbragati su un tavolo dell’Hofbräuhaus e tra una sorsata energica di birra, una forchettata di Kartoffelnsalat e un morso a un Bretzel, ci siamo raccontati le nostre tristi storie da accattoni immobiliari.

LaBruna viveva in un monolocale con vista mozzafiato su Karolinenplatz, appena rinnovato e completo di ogni aggeggio moderno. Anche l’arricciapeli per tappeti pelosi. Io l’ho invidiata finché non ci ha confessato che oltre alla grana che sborsava per la vista impareggiabile, almeno una volta a settimana il padrone di casa dormiva sul suo divano durante la sua permanenza a Monaco. Il suo Vermieter era un manager riccone che viveva in una villa sul Chiemsee, ma che almeno una volta a settimana passava in città per fare il punto della situation, essere aggiornato sugli andamenti dei profitti ecc e quando era troppo stanco per guidare fino alle sponde del suo lago, pernottava nel suo “loft”, per ripartire la mattina dopo fresco come un gladiolo. In generale a LaBruna la situazione non dispiaceva, pare che il manager fosse un gran pezzo di figliolo, peccato che fosse sposato e con 7 figli a carico. E che avvisasse LaBruna del suo arrivo al massimo un’ora prima, quando non le capitava in casa, così, per direttissima.

LaRiccia occupava la stanza del figlio erasmista di una collega. Raccontava di turni imposti dalla vecchina per usufruire del bagno e della doccia. Per ragioni di risparmio, va da sé. Quando le anziane amiche della collega passavano a chiamarla per andare a fare una passeggiata LaRiccia era costretta ad aggregarsi. Che non fa bene restare in camera e/o in casa tutta sola, viene la malinconia. Perciò infilati il cappotto, i guanti, il berretto e via che si va. Agghiacciante. E non solo per via delle temperature, ma anche per via dei discorsi. Le compagne di passeggiata erano molto interessate alla sua mensile regolarità e assai prodighe nell’elargire consigli sui flussi femminili, su come tenere i crampi sotto lo soglia di guardia del dolore e come eliminare certi odori intimi. LaRiccia era entrata nel racket del Vagisil tedesco. Il lato positivo però è che abbiamo imparato un sacco di espressioni intime “in codice” che le donne tedesche si scambiano dall’alba dei tempi nel periodo delle Cinque Lune Rosse.

IlBiondo, il piccolo della cucciolata, la nostra mascotte appena ventenne, era riuscito a reperire una stanza in uno studentato a Oberschleißheim (ovvero un bel po’ fuori la cintura urbana). Era l’unico italiano su un piano di soli cinesi. Descriveva odori penetranti e nauseabondi, scorci di camere in cui erbe sconosciute galleggiavano in strani liquidi giallognoli e esalazioni mefitiche provenire dal bagno in fondo al corridoio. Anzi, a quanto pare questi studenti cinesi usavano i servigi igienici come reparto coltura funghi radioattivi. Narra infatti la leggenda che di notte non fosse necessario accendere la luce, ma che si potessero tranquillamente usare i funghi fosforescenti del water accanto come illuminazione. La giungla tossica però cresceva a ritmo vertiginoso e IlBiondo, che non voleva morire avvelenato in un bagno lontano 600km da casa, fece presente la cosa alla direzione. Due giorni dopo era in opera la disinfestazione. Da quel giorno quel maledetto italiano venne soprannominato dai cinesi dello studentato Il Demone dell’Igiene.

La Bolzanina era stata sballottata fin da subito da una sistemazione all’altra. Prima in uno studentato, poi sbattuta in strada aveva dormito in un ostello lercio, in seguito era finita in un mega appartamento in cui coesistevano 6 persone alla volta, sovraffollato e dalla cucina anarchica, quindi era riuscita a trovare una camera in un appartamento. La sua coinquilina però era un’amante alquanto rumorosa. O il suo ragazzo sapeva maneggiare il manganello con impareggiabile perizia o lei era semplicemente un’esibizionista. Chissà. Fatto sta che la Bolzanina ha passato parecchie ore insonni. E che stanca di urla e sospiri si sia munita di pratici tappi per orecchie.

Infine ci sarei io, ma su di me non spendo parole. Sapete già tutto, anche degli ultimi aggiornamenti.

Vi chiederete che fine abbiano fatto ora questi ammirevoli compagni di sventure. Terminati i rispettivi tirocini c’è stata la diaspora. Sono tornati a casa. Chi per finire l’università, come IlBiondo, chi per riprendere il lavoro sospeso per fare l’esperienza, come LaBruna, chi per tornare a casa e basta, come LaRiccia e la Bolzanina. E poi c’è chi è rimasto a Monaco, come Torquitax, che, inguaribile sognatore, resta a guardia della città, anche se questa fa un po’ la stronza e si lascia desiderare.

domenica 15 luglio 2012

Qui mi si prende per u culo

Non ho forse appena detto che amo la città? Ecco non dovevo dirlo troppo presto. Perché la sfiga non aspettava che il momento giusto per colpire. Quando tutto sembrava sorridere è arrivata lei, la Vermieterin, che d’ora in poi ribattezzo Cornacchia visto che ogni volta che mi viene in casa non mena altro che sfiga.

Ma prima un breve stacchetto musicale per darvi un'idea di com'era il mio umore prima della visita dell'Innominata:







Ecco. Un paio di settimane fa mi ha suonato (cattivo segno) e per la prima volta ha aspettato che fossi io ad aprire la porta, senza usare le sue chiavi. E già da li me la sono intagliata che qualcosa non andava. C’è del marcio in Danimarca. Entra in casa contando i passi, si guarda attorno pensierosa e mi fissa. Ha gli occhi dei cani bastonati, dei bastardini abbandonati sulla tangenziale. È lo sguardo da stronza patentata che mi refila quando mi notifica l’arrivo di un ospite. Chi sarebbe stato stavolta?! Chiede come sto, come non sto, come va la ricerca del lavoro, se ogni tanto esco ad aerare il cervello. E a questo punto io ormai odoravo puzzo da arrosto carbonizzato. La carineria con lei è sempre una trappola. Non aspettava altro che il momento giusto per infilarmelo in quel posto. E infatti.

“Quanto pensi di restare ancora a Monaco?”

“Eh bhe ancora un altro po’. Devo ancora trovarmi un lavoro. Resto finché non l’ho trovato.”

“Ah perché sai…ecco…in autunno, also, da metà settembre noi vorremmo rinnovare l’appartamento. Buttare via alcuni mobili, prenderne di nuovi, dare una tinteggiata…”

…mmmmmh che noia tutti sti bla bla! Certo che il prezzo psicologico per occupare solo una stanza, la cucina e il bagno è davvero esoso. Massì fate quello che vi pare basta che non mi tocchiate il letto e a posto. Dimmi il giorno in cui devo stare fuori dai maroni e bon, chiusa li.

“…e poi la diamo in mano ad un’agenzia che si occupa di affitti a breve termine. 3 massimo 6 mesi. Vorremmo ricavare qualcosina in più da questa casa, visto quello che ci costa. Quindi da metà settembre dovremmo cominciare i lavori di renovierung, stando ai nostri progetti. Se per allora ti fossi sistemato da un'altra parte o avessi trovato un lavoro sarebbe meglio. Per entrambi.”

... @.@ ma che mi stai sfrattando????? Dopo tutto quello che vi sopporto mi sfratti pure??? Brutta vecchia megera #*@ç&$£+]/(^ Prima mi dici oh resta pure fino a febbraio che non c’è fretta. E ora ti è venuta la febbre dell’oro e vuoi mettere l’appartamento a frutto??? Ma vaffanc……uore. Quel tuo sguardo da cane randagio sai dove te lo puoi mettere?! Io si, perché è li che te lo vorrei infilare con tanto amore. Maledetta, maledetta e ancora maledetta!!!!!!!!!!!

“Ah certo capisco. Bhe in tal caso vedo cosa riesco a fare. D’altronde il lavoro non cresce sugli alberi. Se trovo qualcosa ve lo dico e vi dico anche quando libero l’appartamento. Nella peggiore delle ipotesi a metà settembre ve lo libero e…tornerò in Italia. Che altro potrei fare ehehehehe.”

“Grazie per la tua disponibilità. Allora ci aggiorniamo. Buona giornata.”

…buona giornata un ca**o!! Prima l’appartamento stava qua a prendere polvere, poi l’ho preso io ed è cominciato il gioco di ruolo dell’ostello e ora volete ricavarne qualcosa? E quelli che vi ho dato finora cos’erano? Tessere del Monopoly? Sacchetti di euro di cioccolata? Fortuna che ho un forte autocontrollo altrimenti niente mi avrebbe fermato dal vomitarle addosso tutto il mio sdegno in italiano e cavarmi lo sfizio di sbatterla fuori dalla porta a scarpate.

Quindi ora sono disoccupato e sotto sfratto. Un quadretto rassicurante no? Se non trovo un lavoro non posso trovarmi un'altra casa e senza casa a settembre mi tocca chiudere baracca e burattini e tornare a Verona. Queste le opzioni, voi ne vedete altre? Certo oh che sono proprio agro di tutta questa precarietà immobiliare. Ma a chi mai avrò pestato i piedi nella mia vita precedente???

Ora mi prendo il tempo necessario per decidere sul da farsi e valutare la questione a mente fredda. Ma pur in tutta questa giostra di imprevisti-scatena-infarti che mi obnubila il cervello non posso fare a meno di chiedermi se in realtà non debba vedere questa situation come un’opportunità. Un’opportunità per scrollarmi di dosso la C-Familie al gran completo e avere la mia indiscussa privacy. Anche se al momento mi verrebbe da prenderli a sberle, così, perchè ci sta. E non so perché ma nella testa mi rimbombano quelle belle parole ascoltate chissà dove:

Il dono che ci attende è la crescita, il cambiamento, la possibilità che qualcosa di buono nasca dal dolore.


E quando arriva una crisi, quando il nostro mondo si capovolge, quando abbiamo paura… Avremo la forza, la saggezza per accettare il dono che ci viene offerto e accoglierlo a braccia aperte?

mercoledì 11 luglio 2012

Imparare tedesco è...

…è rimanere inorriditi quando ci si scopre a pensare in tedesco. Qualcuno mi aiuti! Un diavolo mi è entrato in corpo!

…è leggere le trame dei libri e riuscire finalmente a distinguere tra libri yeah e libri bleah quando prima schiaffavi tutto nel carrello. Tedesco per tedesco, uno valeva l’altro…

…è scorrere alcune pagine e capire se l’autore scrive come dio comanda o se in realtà è braccia rubate all’agricoltura.

…è guardare la tv in tedesco e estasiarsi di capire cosa dicono, umorismo compreso, senza dover interpretare il labiale e essere coscienti che si, stan dicendo qualcosa, ma cosa?

…è essere fermati da italiani e dopo essere stati apostrofati in tedesco rispondere nella stessa. Ormai è deformazione professionale.

…è darsi un imperativo categorico. Basta abbottarsi di Pfannkuchen e Milchreis. Mangia un po’ più Äpfel e Karotten. A partire da agosto!

…è guardarsi allo specchio e ammettere di avere una grave dipendenza da Bauernbrot. Fare spallucce e prenderla con filosofia.

…è astenersi dall’osservare che per quanto lo spaccino per tale “il gelato italiano” qua è più tedesco che mai. Di italiano ha solo il nome.

…è ormai aver capito che se gli italiani gesticolano senza remissione (vedi foto in basso), i teutonici arricciano le labbra, gonfiano le guance come mantici e aggrottano la fronte solo per dire ja oder nein. Nel frattempo tu hai acceso la lavatrice e scolato i broccoletti.

…è non poterci far niente: sei innamorato della città. Perché se alla sera spacci il puzzo di fritto del ristorante cinese all’angolo per profumo d’estate ci sono due opzioni. O sei strafatto o ti è irrimediabilmente partita la brocca.

…è ragionare che proprio perché questa lingua esige sforzi e regolarità ogni progresso è una botta d’autostima. E ti da alla testa. Perché proprio come una droga finisci per volerne sempre, sempre di più! E allora facciamoci due righe di tedesco tutti insieme appassionatamente. Lo sballo è garantito!

domenica 8 luglio 2012

Indisciplinati ciclisti

Ok, vogliamo parlarne? E allora parliamone. No perché va bene il salutismo, l’esercizio fisico e paciarane varie, ma un minimo di misura ci vuole. Sto parlando dei ciclisti. Di quegli homo sapiens dalle chiappette nervose e i polpacci filosi, di quei baleghi che anche con -12 e +30 non rinunciano allo squisito dolore del sellino, di quei bipedi che si spostano solo su due ruote e che qua in Crucconia sono l’equivalente degli automobilisti nostrani.

Si perché dovete sapere che la maggior parte della fauna in questo angolo di mondo con il sopraggiungere della bella stagione si sposta in bici. E fanno bene: la città è attrezzata. A lato dei marciapiedi fanno bella mostra di sé strisce asfaltate in cui gli amici pedalatori possono sfrecciare a piacere senza dover fare lo slalom tra le macchine o la spaccata sul cofano. E questo mi sta bene. Io, tartaruga da marciapiede, cammino, tu, lepre da pista, pedali. Io non ti intralcio e tu non rischi di inchiappettarmi con il parafango. Con molto rispetto e buon senso ognuno si fa gli affari suoi nell’apposita striscia urbana. Perché dai diciamocelo, alcune volte i marciapiedi sono intasati come la barriera di Mestre a Ferragosto e stiamo stretti noi pedoni, se avessimo anche i ciclisti che ci pestano i piedi, una mattanza generale ci starebbe tutta. Grazie quindi al senso organizzativo teutonico il problema è stato risolto alla radice con i più sentiti ringraziamenti.

Ora, questo idillio sarebbe perfetto se le zone restassero inviolate da entrambe le parti. Non è un caso se ho paragonato il ciclista teutonico all’automobilista italico. Come da noi è il volante a dettare legge, qui lo è il manubrio. Il ciclista ha tutti i diritti, tutti i privilegi e, cosa ancor più importante, tutte le precedenze. E tutti gli spazi. Perché se sti benedetti ciclisti restassero nella loro bella pista no problemo. Invece no, quando gli frulla il dindirindero si prendono anche il marciapiedi senza battere ciglio. Che con tutta l’elasticità di sto mondo se restassero almeno in fila indiana un occhio lo potresti chiudere. Se andassero almeno a velocità moderata, sbuffi, ma ti adatti. Nooooooo. Macchè. Primo stanno rilassati in sella parlando con l’amico faccia a faccia incuranti del fatto che tu ti sei dovuto arrampicare sulla cancellata di non so quale condominio o hai dovuto gettarti a corpo morto sul tavolino del ristorante greco oltre la siepe. Secondo pedalano come dannati, acquattati sulla canna della bici per produrre maggior velocità e riuscire ad abbattere la barriera del suono a suon di spasmi muscolari. Non son loro che devono evitare te sul marciapiedi, ma tu loro.

La cosa consolante almeno è che i ciclisti non sono indisciplinati solo con i pedoni, ma anche con gli altri ciclisti. Si sorpassano, si scampanellano perché vanno troppo lenti, si prendono a calci negli stinchi, i più temerari riescono addirittura a risalire la pista in contromano, come le trote del Caucaso. Se c’è una cosa però che li fa imbestialire in blocco è quando tu pedone invadi la pista. Li anche il vecchietto della casa di riposo ti prenderebbe a morsi la giugulare con la dentiera. Quindi quando attraversate, prima di raggiungere la zona sicura, non dovete guardare se arrivano macchine, ma bici. Si perché le piste ciclabili si trovano sempre tra il marciapiedi e la strada. Così che prima di essere investito dall’italiano in visita a Monaco, vieni preso pure a scampanellate dall’autoctono se hai rischiato di usurpargli la pista. Che non so come facciano, ma tu non li hai ancora nel tuo campo visivo che loro son già li che ti scampanellano per dirti “levati di mezzo”. Loro si possono incazzare se gli invadi il territorio, tu no.

A questo punto io propongo di rimettere in vigore la buona cara vecchia legge del occhio per occhio, dente per dente. Come io pedone non posso mettere piede sulla tua pista, così tu ciclista non puoi mettere ruota sul marciapiedi. Al che appena ti vedo invadere la mia zona scatta il primo richiamo: avvertimento verbale. Se non la capisci, scatta il secondo richiamo: appena vedo che la tua ruota esce dalla pista, ci infilo un manganello nei raggi a tradimento. Chissà che una sonora spetasciata sull'asfalto e una costellazione di contusioni non ti facciano capire l'antifona. Se nonostante questo tu resti recidivo e fai ancora lo smargiasso, terzo e ultimo avvertimento: ti spezzo le ginocchia a pedalate e ti faccio lo scrubbing con la catena. Vedrai che in questo modo il messaggio ti entra in testa. Hai la tua pista? Perfetto! Restaci.

giovedì 5 luglio 2012

München Reportage - Friedensengel

La redazione informa i lettori che con questo post si inaugura una nuova rubrica, sorella di Imparare tedesco è…e figlia del P. Dresden. Non volendo aggiungere altro vi auguriamo buona lettura e buona visione. Il vostro fotoreporter Torquitax.

Dopo Nymphenburg un altro punto di Monaco di una bellezza mozzafiato è, secondo me, il Friedensengel (l’Angelo della pace), una colonna eretta dopo il 1870 a memoria della vittoria tedesca contro la Francia e della conseguente entrata della Baviera nel Reich. La colonna si erge a metà della Prinzregentenstraße, una delle tre principali arterie della città, specchiandosi nell’Isar ed è il punto culminante di una serie di terrazze da cui si gode uno stupendo panorama. Oltre l’Angelo comincia uno dei quartieri più chic di Monaco, Bogenhausen-Haidhausen, costellato da una miriade di case ottocentesche e liberty. Una meraviglia per gli occhi. Ma ora lasciamo parlare le foto:


Oltrepassiamo il ponte, attraversiamo la strada e godiamoci la prima terrazza e la fontana:


Dopo aver girato intorno alla fontana, possiamo sederci sulle panchine ai lati...


...e da li ammirare la scalinata che porta alla seconda terrazza:


Oppure, scendendo pochi gradini, è possibile inoltrarsi nelle due ali di giardini ovali che si irradiano da entrambi i lati:



E camminando guardare le rondelle con "fiori di campo" viola...



...guardare la scalinata da una prospettiva insolita...

...e notare che l'Angelo fa finta di niente, ma in realtà è li che ci guarda:



Prima di salire la scalinata però scendiamo per le scalette che si intravedono sulla sinistra e...



...sorpresa!! una street gallery proprio sotto il Friedensengel...



...completa di  opere singole...



...e lunghi murales:

Ora saliamo la scalinata per la seconda terrazza, appoggiamoci alla balaustra e tadaaaan la Prinzregentenstraße, la fontana e uno scorcio dei giardini in cui abbiamo camminato prima:



Ora giriamoci e ammiriamo finalmente l'Angelo. Prima il basamento con le cariatidi e i mosaici...



...poi il lato A e quindi il lato B:



E qui purtroppo il nostro reportage finisce. Ci dobbiamo lasciare l'Angelo dorato alle spalle e proseguire. Prima però di salutarlo ci voltiamo e diamo un ultimo sguardo al sedere retro della colonna che pian pian scompare dietro agli alberi.



Info per i signori viaggiatori: il Friedensengel è raggiungibile con il tram 16 e il bus 100, fermata Friedensengel-Villa Stuck.