giovedì 27 settembre 2012

Robe dell'altro mondo - I

L’espatriato in genere riceve due promesse da chi è rimasto a casa. La prima: venire a trovarti adducendo qualsiasi scusante. Da “festeggio la scampata cistite del barboncino” a “rimorchio qualche pollastrella bionda” passando per la sempre valida “mi scolo tutti i boccali disponibili all’Oktoberfest”. L’unica che resta in fondo al cassone delle scuse è la classica “vengo a trovare te perché sei te”. La seconda: organizzare un incontro in occasione del tuo ritorno in madrepatria “perché dobbiamo assolutamente vederci, non sai quante cose che ho da raccontarti”.

Posto che la prima promessa verrà puntualmente disattesa (il barboncino ha sicuramente avuto una ricaduta quindi non si può partire), mantenere la seconda sarà una vera impresa titanica. Memori delle velate zampogne dell’altra volta “sei tornato a casa e non me l’hai detto, str***o!”, appena rimesso piede sul suolo natio si scrive a mezzo mondo dando la grande notizia.

Tu: raga sono tornato dalla Germania, resto a casa per un po’, quando volete ci vediamo e ci aggiorniamo.

Risposta: uh che bello, mi fa piacerrimo che sei tornato. Guarda, per il vedersi ti saprò dire che sono impegnatissimo. Non ho tempo neanche di respirare. Se va tutto bene riusciremo a vederci ai primi di gennaio 2013.

Tu: caspita, così tanto da fare hai? Hai trovato lavoro, finalmente ti laurei, ti sposi, non so hai avuto un figlio e non mi hai detto niente…

Risposta: no, tutto come prima.

E allora che caspita mi scassi che appena torni dimmelo che ci vediamo!! Prima mi trituri gli ammenicoli dicendo che dobbiamo ASSOLUTAMENTE vederci e non appena torno sei più impegnato tu di un candidato al congresso. Va bhe che in 10 mesi la vita è andata avanti per me come per te, ma se “tutto è come prima” vuol dire che di tempo ne hai a bisacce intere. Anzi, la maggior parte di quel tempo che non hai lo passi a fare aperitivo in centro. Allora facciam così: la prossima volta non mi sfrantechi la fonchia giocando al finto offeso e io mi risparmio il teatrino del “sono tornato incontriamoci”. Che se son venuto via da sto budello ci sarà stato il suo bel motivo, no? La prossima volta meno chiacchere e più fatti, please.

I più delicati poi sanno esibire un vero arsenale di scusanti assai valide: mi si è rotto il cellulare facendo free climbing, ho cambiato scheda due ore fa e non mi ha salvato il tuo numero, avevo finito la ricarica e gli ultimi spiccioli mi sono andati per comprare le sigarette, ho visto il tuo messaggio solo ora (cioè due settimane dopo), avevo la memoria intasata dai messaggi in uscita. I maestri dell'eleganza infine ignorano per direttissima il tuo messaggio che, a sentir loro, è andato perduto nell'etere.

Quando tra mille e più difficoltà, scambi di orari, turni immaginari in Croce Verde, appuntamenti irrinunciabili in palestra e giri di shopping con la nuova fiamma, si riesce a combinare un incontro di 40 minuti (e pure contati che ho la macchina con il disco orario), il dialogo è unilaterale.

-Ma quindi in Germania?

Tu: Eh sai…bla bla…la lingua…bla bla…la gente un po’ freddina…bla bla…però la città è favolosa…bla bla…le metro, fantastiche…bla bla…il tempo quando si apre, altrochè da noi…bla bla…i parchi poi…bla bla…e il cibo…bla bla…il senso di libertà, inebriante…bla bla…in più ho conosciuto persone meravigliose…bla bla…io là ci stavo benissimo…bla bla…

L’interlocutore, che avrà smesso di ascoltarvi più o meno appena avete aperto bocca, archivierà il vostro discorso con un ok. Poi vi farà andare le balle a terra sfoderando la domanda principe dell’incontro.

-Ma la di fighe ce ne sono? Te ne sei fatto qualcuna? C***o oh, dovrei troppo venire in su e castigarne anch’io…

Tu: …e tu invece con la Maddi come va?

-Bene

Tu: ah, e in università, esami, tesi…

-Bene

Tu: …qualche novità?

-No

E allora io qui che cacchio ci sto a fare!!! I 40 minuti più strazianti della tua vita.

Certe cose cambiano. Altre no.

venerdì 21 settembre 2012

Reportage - Sirmione

Alzi la mano chi non c’è mai stato. Vedo parecchie mani alzate. Male, male molto male. Lasciate quindi che vi illumini e vi accompagni in questo magico angolo di mondo. Avete presente il Lago di Garda? E' questo qua:


La vedete nella cartina? La penisola di Sirmione è quel minuscolo lembo di terra che si protende nella zona del basso lago regalandogli quella caratteristica forma “a chiappa”. La penisola dal satellite appare più o meno così. Caruccia eh?


La vera meraviglia della piccola cittadina non è il castello scaligero all’imboccatura della penisola...



...né le terme sulfuree bazzicate da una marea e mezza di persone. No. Il vero fiore all’occhiello di Sirmione sono i resti di una monumentale villa romana costruita sulla punta della penisola. Le suggestive Grotte di Catullo (cioè quel grosso rettangolo bianco sulla sinistra nella seconda foto). Le cronache infatti raccontano che il geniale autore dell’Odi et Amo passasse qui l’estate quando non doveva dividersi tra Roma e le numerose proprietà agricole nel veronese. Che non lo sapevate che il bel Gaius Valerius Catullus era nato a Verona in una data imprecisata tra l’87 e il 57 a.C?! Eh bhe ora lo sapete.

L’amico Catullo si trattava bene. La villa si apre su tre lati sul lago e lo sguardo abbraccia tutto il basso lago. Purtroppo nel corso dei secoli le spoliazioni sono state numerose e quindi non sono rimasti che i ruderi dell’enorme complesso. Ciò non toglie un grammo alla sua monumentalità, bellezza e suggestione. Pare infatti che ai bei tempi dovesse apparire più o meno così:



Ora invece si presenta così:

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Ps: stavolta il Reportage è stato un po' stitico, ho dovuto ripiegare sulla galleria a causa di problemi tecnici. A quanto pare la memoria era insufficiente...valla a capire sta tecnologia. Spero di risolvere il problema per la prossima volta. In ogni caso ditemi se le foto vi sono piaciute e se vi han fatto venire voglia di andare a visitare le Grotte!

lunedì 17 settembre 2012

Galateo per una corretta conversazione

Cari Amici benvenuti a questo nostro consueto appuntamento. Oggi parleremo di bon ton da conversazione, delle regole basilari per condurre un dialogo elegante con il vostro dirimpettaio germanico.

Partiamo dagli argomenti più classici. Come in Italia anche in Germania parlare del tempo è un vero sempreverde, una tematica che non conosce cadute di stile. Il tempo vi da l’indubbio vantaggio di poter sfoderare una vasta gamma di osservazioni: che tempo nuvoloso…eh, ma che umidità oggi e dire che ero appena stata dalla parrucchiera…maledetta elettricità statica! Mi rende i capelli crespi come fieno…questo sole di primavera è delizioso, adatto per un romantico pic nic nel parco…con questa atmosfera invernale tutto diventa più intimo, nevvero?...questo vento impetuoso ricorda quell’estate a Trieste, uh, così ventosa, d’altronde con la Bora che soffiava…il cielo piombo mi ricorda la nuova collezione di Missoni, certo i colori erano un poco castigati, ma le linee, semplicemente divine…E via di questo passo insomma. Parlando del tempo non sbagliate mai.

Se incontrate in atrio il vostro vicino accompagnato dalla numerosa prole potete lasciarvi andare a commenti estasiati. Ogni genitore sogna di ricevere complimenti sulla bellezza dei propri figli, anche se i poveretti sembrano un Picasso. Solleticate la loro vanità e li vedrete prendere quota. Altrimenti, se il vicino è sprovvisto di pargoli, ma vestito con giacca e cravatta, cadete dalle nuvole e domandate con una certa disinvoltura “ah, va anche lei al lavoro?”. Le formalità ai teutoni piacciono molto. Specialmente poi quando ci si riduce a dei numeri. Ma lei è il 3G? Ma pensi, io sono il 4G. Davvero??? Oh oh che felice coincidenza. Li vi va quasi bene. Smettete di essere l’italiano per diventare il 3G. Fico eh?

Non dimenticate però che ogni situazione richiede il suo corretto galateo. In tram potete lamentarvi del caldo soffocante, dell’affollamento, della maleducazione dei giovani (i vecchietti adorano scrollare il capo in merito), del traffico esorbitante. Lo stesso dicasi per metro e autobus. Può capitare che veniate interpellati per offrire assistenza stradale: a Münchner Freiheit, si scende a destra o a sinistra? La Ostbahn è la prossima o tra due? O per scambiarsi impressioni sui libri letti. Anche lei sta leggendo I Pilastri della Terra? Anch’io l’ho letto sa, non che mi sia dispiaciuto, ma c’era troppo sesso (quest’ultima parola ve la diranno sottovoce, quasi atona, dovrete leggere il labiale).

Il che ci porta alla sezione argomenti da evitarsi tassativamente (per lo meno ad un primo scambio di battute). Primo argomento: soldi. Non tirate fuori il tema denaro con tutti gli annessi e connessi. Sorvolate sul vostro stato finanziario, evitate di parlare di crisi economica, di debiti, di spread o dello scandalo Wulff. Parlate di temi ambientalisti piuttosto: la mattanza delle balene in Giappone colpisce sempre. Secondo argomento: sesso. Quello è terreno minato, un acquitrino paludoso da cui sarà difficile uscire, rischiate di restare impantanati nella vostra stessa becera “modernità”. Assolutamente no. Non perché abbiano qualcosa in contrario, ci mancherebbe, anche loro si riproducono alla stessa vecchia maniera. Solo lo reputano un argomento estremamente intimo e confidenziale. Le battute a doppio senso lasciatele nel cassetto per quando tornate in Italia, a noi piacciono. In Germania vi frutteranno un’ordinanza restrittiva con effetto immediato. Quindi no a battutine su piselli, zucchine, cetrioli, cavoli, carote, ciliegine, boschetti, uccelli, passeri, rapaci notturni, cormorani e albatros. Mangiate l’insalata senza commentare. Terzo argomento: politica. Più spinoso ancora del sesso. Discussioni filosofiche paraintellettuali sul NaziZeit inavvicinabili, osservazioni sulla Stasi e la DDR sopportate al West, tabù in Ost, ridolini sulla Merkel concessi solo tra le vostre quattro mura o tra connazionali. Quarto argomento: la religione. Cattolici, protestanti, atei. La confessione religiosa è la cosa più privata che esista. Anche più del sesso e della politica. Che quelli si fanno con chi capita, ma il dialogo con Dio, eh, quello è tutt’altra storia. Le domande esistenziali non si pongono, si mettono in internet: su Facebook, su MySpace, su Twitter. Vi è abbastanza chiaro?! Mi raccomando non cadetemi sulla classica buccia di banana.

Non sentitevi scoraggiati però, pensando a torto di non poter parlare di granchè: siate coscienti invece che voi avete un incredibile vantaggio: il fascino dello straniero. Siete il tocco esotico che rende intrigante la conversazione. Ne avrete di roba da raccontare sulla vostra città, sul vostro paese o sul foruncolo del dito mignolo. Insomma, prima di impegolarvi con argomenti topici, sviscerate le ovvietà! Certo è che gli argomenti verboten di cui sopra (S.S.P.R.) dipendono dal grado di confidenza che avete con l’interlocutore. E dalla sua apertura mentale. Le nostre linee guida si limitano solo a darvi un aiutino per rompere il ghiaccio in situazioni comuni.

Avete preso appunti? Bene! Ora uscite in strada preparati e abbattete il muro di riservatezza teutonico. Scariche di adrenalina assicurate!

mercoledì 12 settembre 2012

Esame di coscienza

Quando un sogno si infrange contro la dura realtà ci sono solo due cose da fare. La prima: prendere a pugni il cielo e sfogare tutta la rabbia che si annida in noi, consolarsi scolandosi un vasetto di Nutella e piangere come una zitella isterica piantata al primo appuntamento. La seconda: passato il momento di isterismo generalizzato comprimi-nervi, è doveroso riprendere il controllo di sé e fare un esame di coscienza. Implacabile, spietato e a mente fredda. Io l’ho fatto. E ne sono uscite fuori delle belle castagne. Castagne che ho suddiviso in fattori oggettivi e fattori soggettivi del fallimento.

I fattori oggettivi:

I) Il contratto verbale di affitto scadeva il 12 di settembre. Dieci giorni in più non mi avrebbero cambiato la vita.

II) La totale impossibilità di trovare casa per un disoccupato. Non appena pronunciavo questa parola la popolazione locale storceva le labbra infastidita. Comprensibile. Ma solo fino ad un certo punto. Se fossi stato la Paris Hilton che tanto paga tutto papà, la casa/stanza non me l’avresti data lo stesso???

III) La rigidità germanica. Prendendo atto che per quanto italiano e cittadino europeo per i germani uno del Bel Paese è comunque uno straniero, e lo accetto, perché mi devi scartare a priori se non ho un Ausbildung, ma una laurea?? Si giustificavano dicendo che il problema era linguistico. Se non mi fai nemmeno uno straccio di colloquio come puoi valutare la mia abilità linguistica?! Pensate a una balla più credibile la prossima volta. Giovane si, ma cretino no!

E poi ci sono le ragioni soggettive, che di norma sono le più dure da ammettere nonché  da riconoscere. Certo, dicono che il primo passo per risolvere un problema è realizzare che un problema effettivamente c’è, ma quanto a rimboccarsi le maniche per risolverlo. Eh, li è tutta un’altra storia. Durante il viaggio in treno, nei momenti di silenzio, mi sono virtualmente preso a schiaffi e mi sono detto dove ho sbagliato di brutto.

Questi i fattori soggettivi:

I) Sono stato rigido e ostinato. Non ho avuto umiltà o spirito di adattamento. Ho rifiutato a priori le soluzioni pratiche: niente ristoranti né gelaterie, assolutamente no al servire pizze o prendere ordinazioni. Faccio outing e ammetto che al solo pensiero li trovavo lavori umilianti e degradanti. Svilenti. Non volevo avvilire la mia vanità da laureato. Ho dimenticato cosa significhi essere elastici. Anche per il discorso casa. No alla convivenza. Si ad un monolocale tutto mio. Credevo che seguendo il motto squadra vincente non si cambia avrei ricreato le condizioni giuste per ottenere altrove quello che già avevo. Pensiero sbagliato! In pratica volevo il massimo con il minimo sforzo.

II) Non avevo compreso appieno le immani fortune che avevo avuto fino a quel momento e, felicemente adagiato su di esse, mi sono rinserrato in un pensiero unico. Mi comportavo con sufficienza, arrivando a credere che i cari tedeschi erano fortunati ad avermi tra di loro e che dovessero essere loro a “ringraziarmi” per il disturbo che mi davo. Che fosse tutto il contrario non mi aveva proprio sfiorato. Ho campato di speranze e di bei sogni. La cruda realtà era che non ero io a onorarli della mia presenza, ma erano piuttosto loro che onoravano me della loro saltuaria considerazione. È dura da ammettere: sono stato arrogante. Le occasioni non me le sono meritate, figurarsi poi se mi arrivavano sulla porta di casa.

III) Ho capito che sono stato no selettivo, di più. Monaco è stata la mia Germania, ma Monaco non è la Germania. Aveva ragione la Dresdnerin a rimproverarmi dicendo di non essere di vedute così ristrette. Che insomma la Germania è grande. Ero arciconvinto che il mio procedere con il paraocchi mi avrebbe salvato e premiato. Durante le selezioni del P. Leonardo mi ero detto o Monaco o niente. E Monaco è stata. Rammollito dal “successo” dell’esperienza avevo dimenticato che ogni volta è diversa dalla precedente e vince chi sa adattarsi meglio e alla svelta. Eh si, la mia parte di colpa è considerevole.

Ed ora giudicatemi.

domenica 9 settembre 2012

Prime reazioni a freddo

A me Verona non mancava. Mi mancava quello che rappresentava: sicurezza e affetti stabili. Ma la città in sé, la sua gente, i suoi casini e le sue logiche contorte, quelle no, non mi mancavano per niente. Anche nei momenti più scoraggianti e deprimenti della disoccupazione oltralpe io a Monaco ci stavo bene. Perché l’avevo scelta, immagino. A Verona ci sono nato e basta, mi ci sono ritrovato senza tante alternative. Per carità, volendo dare a Verona quel che è di Verona, senza gli anni di “apprendistato” qui, a Monaco non sarei sopravvissuto due settimane. Sarei impazzito, avrei pianto sul water come nelle peggiori sceneggiature e probabilmente avrei maledetto ogni singolo istante passato lontano dall’Adige.

Mi sono accorto invece che mi mancavano i luoghi. Le mie colline. Il Garda. I colori della mia terra d’origine. Vedere il paesaggio dentellato dal monte Baldo e dal Carega. Quando esco a fare una passeggiata o una commissione mi sembra ancora impossibile di essere di nuovo qua. Da un certo punto di vista è tutto nuovo, pur restando esattamente come l’ho lasciato mesi or sono. Ad aver cambiato non sono le facciate delle case del mio paese, ma il modo in cui le guardo. Anche le persone mi sembrano diverse. Più tristi. Non ho ancora visto nessuno ridere per strada. Ho visto invece sguardi persi nel vuoto, bocche all’ingiù e passi strascicati. C’è atmosfera da quiete prima della tempesta. Come se le persone trattenessero il fiato prima di un’incursione aerea. Forse più che del portafogli questa crisi è delle coscienze.

Altra cosa che non mi mancavano sono le mosche. Ma in Germania dove si erano cacciate?? In tre mesi di semi-reclusione ne avrò viste due in croce. Qua non fai ora ad aprire la finestra che entrano in branco. Fastidiose e moleste. Per non parlare delle zanzare. Di quelle a Monaco neanche l’ombra. Qui tempo due giorni e mi avevano già fatto parecchi prelievi del sangue. Si fossero degnate almeno di farmi avere l’esito delle analisi!! Dopo un primo momento di rilassatezza immediata e di gossip selvaggio sento come una tiepida nostalgia del tedesco. E del Rewe.

Ho capito che per quanto rocambolesca, insicura, incasinata la vita dell’espatriato è la vita che voglio. Da qui preparerò il mio rientro in terra germanica. Ora so per certo che il mio posto non è a Verona, non adesso almeno. E che le mie sensazioni di inadeguatezza e irrequietezza erano vere. Con la città di Giulietta ho sempre avuto un rapporto conflittuale. Io e lei non abbiamo mai avuto grande sintonia. L’ho sempre trovata chiusa e provinciale, dalla mentalità ristretta e piccolo borghese. Mi andava e mi va stretta. Specialmente il mio quartiere che nemmeno dopo 70 anni si rassegna a considerarsi Comune di Verona, ma si fa ancora un vanto di essere “paese”. Alt: non crediate che mi piaccia l’esatto contrario. Lo stereotipo della grande metropoli in cui si fanno e disfano le mode, in cui cambiando quartiere si cambia ambientazione e epoca storica. No no. Sono uno piuttosto modesto. La moderata borghesità di Monaco mi andava benissimo. Penso che questo sia il momento in cui la botta fuoriesce, in cui si forma la macchia viola. Questo è il momento della reazione a freddo. Quella a caldo è stata tutta sicurezze e divani. Soprattutto in questi giorni sto facendo autocritica. E approntando strategie. Monaco mi ha indicato la via. Alcune volte invidio quelle persone soddisfatte di una vita priva di slanci e saggiamente ordinaria. Una vita in cui tutti i passi seguono un piano preordinato, in cui l’orto davanti casa è tutto il mondo degno di essere conosciuto e da cui si trae infinita soddisfazione. Io sono piuttosto l’eterno insoddisfatto, il tipico curioso che sposta sempre oltre l’orizzonte, che una volta raggiunto l’albero sulla collina vede il fiume a valle e lo raggiunge. Da li intravede la foresta a sinistra e decide di esplorarla ecc ecc. Sono fatto così.

Di una cosa però sono sicuro. Non resterò a casa davanti al telefono in attesa che squilli. Voglio riprendere contatto con i luoghi che per me hanno significato molto e che erano un rifugio a breve distanza. Venezia, Sirmione, Gardone Riviera con l’inimitabile Vittoriale…Che se c’è una cosa che la disoccupazione a Monaco mi ha insegnato è di non restare fermi. Finchè si aspetta si può anche godere! Cercando di entrare in questa nuova fase con occhi aperti.

mercoledì 5 settembre 2012

Torquitax, willkommen in Verona zurück!

Dopo un primo momento di crisi logistica (riuscire a far entrare 10 mesi di vita in una valigia è stata un’impresa titanica), il ritorno non ha lasciato spazio a pensieri cupi: il piacevole interludio dei bus sostitutivi tra Innsbruck e il Brennero, un gentile signore che mi ha attaccato bottone esibendo sempre un sorriso complice e una famiglia di Bressanone che non appena mi ha sentito parlare in italiano si è inserita nel discorso con allegria. È saltato fuori che sono un seduttore di genti germaniche. Ma vedi te ste doti nascoste…

La città adagiata sull’Adige non ci ha messo molto a riaccogliermi. Ero sceso dal treno da 10 minuti, aspettavo nell’atrio della stazione che i miei apparissero all’orizzonte quando uno zingaro che puzzava come una distilleria si è avvicinato e ha intonato la solita cantilena del “ehi amico, hai … per gnam gram…”. Un meraviglioso comitato di benvenuto proprio! Oltre a quello però ci sono stati effetti positivi immediati:

-le Gocciole nel solito mobiletto del telefono che aspettavano solo me…

-un water senza gradino interno (no, non sono un feticista, ma nemmeno dopo 10 mesi mi ero rassegnato a quella diavoleria antiestetica…) Ognuno ha le sue piccole manie.

-internet con connessione immediata, senza doverlo sboconcellare a fasce orarie alla Vermieterin pregando che non si sconnetta al momento clou!

-un armadio multitascato con i suoi bei cassetti per l’intimo, le camicie, le felpe, i maglioni e non un armadio unico in cui i vestiti si impilano a mo’ di torre di Babele.

-un bagno con finestra invece che con ventola (talmente potente e rumorosa che temevo un giorno avrebbe preso il volo, tanto assomigliava a quella di un jet a turbo reazione)

Un effetto invece che colpisce chi vive all’estero ma di cui nessuno parla è il primo momento di puro disorientamento casalingo. Esempi:

-ieri sera ho guardato fisso un quarto d’ora il fornello a gas nel tentativo di accenderlo con il potere della mente prima di ricordarmi quale manopola girare e in quale cassetto mia mamma tiene l’aggeggio per farlo partire. Il fornello elettrico mi ha traviato…

-nell’ingenuo tentativo di mettere su l’acqua ho cercato il rubinetto accanto alle piastre e, cosa ancora più importante, l’indispensabile Wasserkocher. Il mio cervello si era già dimenticato che qui non esistono i pratici bollitori teutonici e che il rubinetto di casa ha i pomelli dell’acqua calda e dell’acqua fredda e non la manopola per entrambi i servizi. Rimbambimento da manuale…

-ho aperto il frigo convinto di ritrovarci tutte le delizie-droghe di cui ero ormai dipendente: maultaschen, pfannkuchen, spätzle, kräuterfrischkäse, bauernbrot...per trovarci invece gnocchi, tortellini, affettati, grana padano, carne macinata e ricotta. Per un primo momento ho creduto ad una candid camera…

-la mia camera sembra un accampamento nomadi: vestiti appesi alle ante, libri impilati sulla scrivania, dvd in un angolo. Il tutto in attesa di una sistemazione consona. Se dopo 10 mesi si hanno di questi problemi di spazio, non oso immaginare chi torna a casa dopo un’esperienza pluriennale all’estero. Da mettersi le mani nei capelli…

Il tempo però lavora per me e pian piano imparerò di nuovo in quale cassetto sta cosa, a organizzare l’armadio in modo che tutto trovi il suo giusto posto, a riordinare gli scaffali per farci stare tutti i libri e i dvd adottati in Germania e entrare nell’ordine delle idee che questa è Verona e che qui certe leccornie me le scordo proprio. La cosa più bella però, l’effetto immediato numero 1, è poter parlare senza sforzo. Poter parlare senza filtri o pare mentali sul genere, numero e caso. Non star li a pensare a come formulare la frase in maniera semplice, ficcandoci dentro il verbo giusto. Solo quello basta a rilassarmi. Il resto poi si vedrà!