giovedì 24 gennaio 2013

Epifanie (non del 6 gennaio)

Aprendo quello scatolone abbandonato in un angolo della cantina, credevo avrei trovato vecchie scarpe o vecchi libri, maglioni buoni per il baratto in ottobre, quadretti stinti di quelli che si appendono in corridoio in mancanza di vetrinette e tavolini da esibire. Quelli che invece salutavano la ritrovata luce del sole e mi occhieggiavano di rimando, erano frammenti di una mia vecchia pelle: diari del liceo, libri di lettura segnati a margine e poi abbandonati, pacchetti artigianali di vecchie foto, quadernoni ad anelli dalla copertina personalizzata su cui Lupo Alberto si è tinto la pelliccia di viola e arancio sbagliando il tempo di posa della solita tinta blu.

Ho sfogliato le pagine dei diari che prima profumavano di buono, di nuovo; ora sanno di polvere e crepitano mentre le giri. Ho riaperto i libri di lettura e vi ho ritrovato commenti annoiati sull’autore che, cito, “doveva scoparsi di più la cameriera e meno la penna”; qua e là una nota diligente il cui merito va più al professore che allo studente che sono stato. Ho ripassato tra le mani le foto di Roma e Venezia. Tentativi innocenti di fermare sul rullino (all’epoca il digitale era ancora di la da venire) momenti spensierati di una gita scolastica, di condividere ricordi con persone che credevamo avrebbero fatto parte della nostra vita per sempre, di fermare nel tempo un’immagine di noi (il ciuffo sull’occhio ora mi sembra improponibile e scomodo). Ho riletto appunti e nozioni di latino, storia e filosofia. Il più delle volte idee associate a interrogazioni o discorsi preparati ad arte.

E in un attimo l’ho capita, finalmente. Lei.

L’archeologia.

Si, l’archeologia. Qual è il principio base dell’archeologia? La riscoperta. Di un modo di vivere, di una civiltà perduta, di una tecnica, di una definizione del mondo. Poco importa. Il concetto è riscoprire e quindi riprendere, recuperare frammenti di ciò che è stato e che nel suo momento presente era. Ci stupiamo che lo facciano gli archeologi accucciandosi in buche nel terreno o spolverando reperti, vasi, monete, puntellando strutture che cederebbero al logorio del tempo, ricostruendo al computer l’aspetto esatto del Partenone o del Colosseo. Non ci rendiamo conto che la pratichiamo anche noi l’archeologia ogni volta che recuperiamo, che riscopriamo qualcosa. Un amico incontrato per strada dopo anni di assenza, un giocattolo o un libro dell’infanzia, un film che alle superiori ha parlato al nostro cuore, foto che hanno fatto vibrare le corde del nostro essere. In quel momento si aprono strani veli e quel che era è di nuovo. I ricordi si sovrappongono al momento presente: le corse in cortile tornano vivide nella nostra mente, i discorsi, i concetti su cui ci piaceva infiammarci o che trattavamo con sdegno ritrovano la loro attualità. La riscoperta. Di noi. Di quello che credevamo di sapere o che sapevamo, ma abbiamo dimenticato. Del mondo che abbiamo perduto, che si è trasformato. Perché ci siamo trasformati. E nemmeno noi sfuggiamo alla regola secondo cui “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. La nostra interiorità poi obbedisce  a questa regola ancor più velocemente del nostro aspetto fisico.

Perciò ogni tanto è scusabile ripercorrere strade prima battute e ora cadute in disuso. Perché hanno ancora storie da raccontare. Storie che furono. Anche se tra le loro crepe cresce l’erba.

7 commenti:

  1. "doveva scoparsi di più la cameriera e meno la penna", ma questa è altissima letteratura!

    commento stilistico a parte, bel post.
    la riscoperta è sempre un momento molto affascinante, anche magnetico... specie quando si torna a reperti dell'infanzia o giovinezza

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  2. Anche gli studenti ogni tanto sanno creare fraseggi di alta letteratura.
    Ritrovare tutta quella roba è stato anche un esercizio utile per prendere le distanze da quel Torqui. Che a dirla tutta sta bene dove sta!

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  3. ahahah, non torneresti al ciuffo sull'occhio ed alle foto stupide durante le gite di classe???
    incredibile! ;-)

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  4. Assolutamente no! Il mio presente mi va benissimo!

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  5. beh, il concetto di epifania che presenti fa molto Dubliners...

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