venerdì 16 maggio 2014

Lenti di mortadella

D'accordo, sarà la primavera, sarà che è la metà di maggio, sarà che i pollini turbinano per strada lasciando sui marciapiedi di quei tappetini di peli che manco i cani, sarà la luce calda e cristallina insieme della stagione, ma oh, ve lo devo confessare.
Ultimamente mi succede una cosa strana.
Mi sa che è un caso lampantissimo di sdoppiamento di personalità o spaesamento titanico.
Fatto sta che ultimamente mi meraviglio continuamente delle cose che prima davo per scontate.

Messa giù così suona banale. Vi allungo un attimo la zuppa.
Non è un mistero che io viva in uno dei quartieri di Verona a ridosso delle colline (da me chiamati "monti" - e il primo che mi ma notare che non toccano nemmeno i 500metri sul livello del mare lo corco come una zampogna, son monti e basta). Orbene, questa condizione mi pare, oggi come oggi, un privilegio. Mi capita, mentre sono alla fermata del mio amato bus, mentre passeggio con la Super Genia o mentre alzo la testa per attraversare, per evitare che mi stirino come una sottiletta Kraft, di alzare il naso ai monti e di trovarli di una bellezza struggente.
E il pensiero che faccio da un paio di mesi è sempre lo stesso: "Ma sono sempre stati così belli? Hanno sempre avuto quelle macchie argento (in gergo, olivi) e quelle altre più verde smeraldo (alberi non ben identificati)? Le marogne sono sempre state così brillanti e bianche?"

Capite? Mi sento come un estraneo a casa mia. Come i primi tempi a Monaco.
Ma anche quando vado in città mi capita eh, che non crediate che la cosa sia circoscritta.
In un certo senso studio Verona come studierei Trieste, Milano o Torino.
Mi meraviglio di certi dettagli, di certe architetture di certe vie che percorro da quando so camminare.
È come se la vedessi sempre nuova, come se i palazzi si rifacessero un look ogni giorno diverso.

Rassicuratemi, non sono io che soffro di qualche sindrome da sniffo occulto d'oppiacei, vero?
Mi sorprendo della bellezza in cui ho sempre sguazzato e di cui non mi curavo neppure (proprio perché non la vedevo). Ora è facile che perda il primo bus di ritorno perché sto sempre con il cell in mano, pronto a fare foto come un turista giapponese in visita.

Dite che è il sentimento di risveglio insito nella primavera?
O sono io che sto subendo qualche stana mutazione estetica involontaria?
No perché capita pure che resti impalato all'angolo di una strada a veder le cime degli alberi fare effetto marea sulla collina. Per raccontarvi l'ultimo episodio croccante. L'altro ieri sono andato sui monti con la Super Genia e ci siamo seduti in un prato a blaterare. A due metri da me c'era un olivo e non so, ma mi veniva spontaneo di guardarlo come si guarda un Monet o un Pisanello. Lo fissavo a occhi spalancati, tutto teso, tanto che sentivo due parole su venti di quello che la mia compagna di merende mi stava dicendo. E pensavo "Ma può un albero essere così bello??"

Dalle vostre facce perplesse capisco che è il caso che smetta e che mi metta a cercare sulle Pagine Gialle il numero di qualche bravo neurologo. O sto avendo una crisi mistica, o sto avendo un crollo nervoso mascherato da sindrome di Stendhal.
A voi la diagnosi.

2 commenti:

  1. Reduce dalle mie ultime peripezie psicologiche posso dirti che cio' che descrivi è capitato anche a me. Non temere per la tua salute mentale, puo' solo essere un segnale positivo.
    Gli stessi luoghi, con gli stessi alberi o case o montagne puoi vederli diversi o vederli come se li scoprissi per la prima volta e questo dipende solo dal tuo personale stato d'animo. Il fatto che tu li scopra belli vuol dire che sei diventato più sensibile e che, indipendentemente da cio' che ti accade nella vita quotidiana, la tua mente ha voglia di bello, di ottimismo, di gioia, di godere di cio' che ti circonda. Fai foto, cogli i dettagli, fermati anche a guardare un albero se ti fa star bene, se ti trasmette una sensazione positiva. Poi posta le foto, cosi' li vediamo anche noi :-)

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    1. Ma che bel commento il tuo, Bianca!
      Mi ha addolcito la giornata, grazie!

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